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13 luglio 2010 2 13 /07 /luglio /2010 22:56

VIOLENZA01G.jpg 

Allarmante , ma cosa stà

 

succedendo?

 

 

 

 

Non so cosa stà succedendo in questi ultimi giorni , forse il troppo caldo , forse l'estate , ma così tanti delitti in questo ultimo periodo da parte di uomini lasciati mi hanno veramente  lasc iato sbigottito. Io non sono un esperto ,ma credo che anche gli esperti ci capiscano poco ma sicuramente più di me. Io sono una persona semplice che si alza al mattino come tanti altri uomini ,mariti , padri di famiglia e che cerca di affrontare la vita tra tante difficoltà ma anche tra tante gioie, anzi sono molte di più le gioie , è che spesso non gli diamo il giusto peso. E queste gioie sicuramente te le danno i figli , ma molto di più la persona che hai di fianco . E non importa se è facile la battuta " se tornassi indietro non mi sposo"  oppure "chi me l'ha fatto fare"  . Queste sono solo battute che lasciano il tempo che trovano , perchè poi se non abbiamo la nostra metà di fianco per un giorno intero ci sentiamo già soli. Avrei tante cose da dire , tante riflessioni da fare , ma è meglio che leggiate questi due o tre articoli che vi propongo , poi magari ci torniamo sopra.

ciao dal vostro  punzecchiatore. 

 

 

La catena di uccisioni da parte di uomini lasciati

 

Disprezzo e disamore in quei delitti
.
E la donna da secoli ci perdona
Non si tratta qui degli omicidi estivi, peraltro d’"agosto", secondo la statistica e la letteratura della cronaca nera. Né ci occupiamo di casi di maniaci, che non hanno stagione, anche se certo il caldo non giova alle menti esaltabili. Ma di una impressionante sequela di delitti negli ultimi giorni, che presentano caratteristiche comuni: un uomo uccide una donna, non in una lite esplosa improvvisamente in casa o al bar, ma in un luogo preciso dove con lei si è recato. La uccide quindi con una certa premeditazione, o comunque con un piano preciso. La causa di tale delitto è il fatto di essere stato lasciato, o messo in discussione. La donna lo ha abbandonato o, probabilmente preoccupata dal suo carattere, ha proposto una "pausa di riflessione" Con questa perifrasi si definisce il disperato tentativo di fuga da una situazione coatta da parte di chi non ha la libertà di andarsene tranquillamente. Chi vive un rapporto onesto, anche se in crisi, non ha bisogno di proporre pause di riflessione. Sta già riflettendo, come il suo partner. Parla e discute. Soffre e fa soffrire, ma va avanti anche così; l’amore contempla anche la possibilità di queste situazioni di crisi. Pare che la cautela della "pausa di riflessione" non serva comunque, venga punita, come l’abbandono esplicito, con la morte. Si tratta di pochi episodi, ovviamente, ma inquietanti per le affinità che li legano. Sarei sciocco se pretendessi di poter offrire una spiegazione certa e definitiva, ma ho in tal materia sensazioni forti: la donna, che lavora come l’uomo, che come lui paga il mutuo e si sposta in automobile, di cui paga le rate e l’assicurazione, gli è, in Italia, pari, da tempo. Non da molto tempo, ma nemmeno da ieri. Poiché lavora e paga le rate anche lei, ha le sue amiche, i colleghi, i problemi di lavoro. Ciò è inevitabile. Per molti maschi italiani (dico italiani solo perché mi riferisco alla nostra realtà), questo è molto, è al limite. Bisogna digerirne l’autonomia, digerirla abbozzando. Ma la collera cresce, rancorosa. Se la donna decide anche di tagliare, di recidere, allora ha superato il limite. La si ammazza. La donna è sottomessa da sempre, nella storia nota come tale, in quasi tutte culture conosciute: il matriarcato esiste ma risale al tempo del mito, ci sono eccezioni storiche di donne libere e dominanti come i certe parti dell’attuale Nigeria fino all’avvento del colonialismo, ma sono briciole. Dalla Cina dei fasti imperiali alla Grecia, modello di arte, filosofia e metafisica, dal Medio Evo europeo alla società elisabettiana, la donna è umiliata, da Oriente a Occidente. Con differenze fondamentali: in Occidente si affranca giorno su giorno, altrove in modo diverso, nel mondo islamico vedo la situazione un po’ dura. Ma nel fondo l’aspetto maschilista del maschio (quello che lo fa prepotente, impedendogli di essere uomo) alligna e a volte, per fortuna non sempre, emerge. Hanno tirato troppo la corda, adesso decidono anche se e quando lasciarci, allora pagano. Pagano qualcosa che molti maschi non avevano accettato ab origine. Se a questa triste realtà di una parte (non dominante) del mondo e dell’essere maschile si aggiunge che in questi tristi tempi è segno di potere e ricchezza, quindi di valore, esibire il possesso di molte donne, belle e vistose (cosa che un tempo si attribuiva agli sceicchi dei rotocalchi rosa), il cerchio si chiude. Se molte donne usano la loro avvenenza per proporsi in televisione come prede, la torta riceva la sua perfetta ciliegina. E le donne, le povere donne, continuano a esser vittime. Non solo di chi le uccide, ma anche di chi vede con insofferenza e peggio ancora con ironia la loro volontà di farsi rispettare. Di quel rispetto senza il quale l’amore è malconverso per definizione, è infatuazione, capriccio, volontà di possesso, non amore. Non credo siano delitti casuali, quelli di questi giorni. Credo siano prova di un disprezzo e disamore che la donna deve ancora subire. E sono millenni che ci perdona.
Roberto Mussapi


LE TRAGEDIE

Eleonora Noventa

La studentessa di soli 16 anni è stata uccisa domenica dal suo ex fidanzato, Fabio Riccato, 30 anni neolaureato in biologia che non accettava l’addio.



 
 

Eleonora Noventa
Aveva da poco vinto la causa di separazione con il marito, Omar Bianchera. «Io mia moglie la uccido», aveva detto e così poi ha fatto lo scorso il 25 aprile.


Cristina Rolle


Aveva cercato di affrontare con serenità il problema dell’affidamento delle figlie. Il marito Giampiero Prato ha preso un coltello e l’ha uccisa davanti al giudice lo scorso 11 maggio.




Daniela Gardoni

 


 
 

La ragazza aveva 23 anni ed era fidanzata con un carabiniere il quale aveva un’altra donna che attendeva un figlio da lui. Il 6 giugno lui le ha sparato un colpo in testa durante una lite.

Michelina Wojcicka Simona Melchionda


È stata uccisa il 17 giugno dal suo fidanzato,Vito Calefato, 33 anni che aveva
deciso di lasciare.


Alicia Brunilda


Domenicana, viveva a Vescovado Di Murlo (Siena), con il marito Juan Ramon Garcia Cappellan.

Il 27 giugno lo lascia. Lui la investe investe con l’auto.

Maria Montanaro e Sonia Balconi
L’unica cosa che lega le due donne è che sono state uccise il 30 giugno dalla stessa mano, quella di Gaetano De Carlo, ex fidanzato della prima che si era invaghito anche della seconda.

Sonia Balconi




Simona Melchionda

 


 
 

Il 1 luglio, è stata uccisa dall’uomo con cui conviveva, un bulgaro, perché si lamentava della condizione di estrama povertà in cui lui la faceva vivere.


Maria Montanaro


Debora Palazzo


Aveva solo 20 anni e aveva deciso di chiudere la storia con il suo ragazzo, Riccardo Regazzetti. Lui le ha sparato due colpi al cuore, lo scorso 3 luglio.




Angela Nijmic

 


 
 

Bancaria, collaboratrice de “Il Tempo” è stata uccisa dall’uomo che si era
invaghito di lei.


Roberta Vanin


A 43 anni aveva lasciato il suo fidanzato Andrea Donaglio, anche se continuava a lavorare con lui nel negozio di prodotti biologici a Spinea (Venezia). Lui l’ha uccisa il 6 luglio nel
negozio con 50 coltellate.


Chiara Brandonisio


L’8 luglio a Bari è stata assassinata da un uomo, che l’ha colpita a sprangate: i due si erano conosciuti attraverso Facebook e lui allacciare un rapporto.




Debora Palazzo Anna Maria Tarantino

 

In poche settimane 14 omicidi. Ieri un’albanese uccisa nel Cuneese, morto anche l’amico



DA MILANO
ANTONELLA MARIANI

C
lara, accoltellata ieri a Napoli dal marito che non accettava la separazione, forse si salverà. È in prognosi riservata, gravissima al­l’ospedale di Napoli, ma i medici spe­rano che il suo nome non si aggiun­ga all’elenco lunghissimo delle vitti­me della follia omicida maschile: die­ci nelle ultime due settimane, quat­tordici in due mesi. La giovane alba­nese aggredita ieri sera a Ceva, nel Cu­neese, invece no: Caterina Markovic, 24 anni, camminava con un ragazzo italiano, Salvatore Santia, di 28, quan­do la rabbia del suo assassino, un con­nazionale accecato dalla gelosia, le è piombata addosso, senza lasciarle scampo. Anche il giovane è morto po­che ore dopo nel reparto di rianima­zione dell’ospedale. Ancora Eleono­ra Noventa: aveva 16 anni ed è cadu­ta sabato vicino a casa, ad Asseggia­no, fuori Mestre, sotto i colpi di un uo­mo più grande di lei, un 30enne ap­pena laureato, che poi ha rivolto l’ar­ma su di sé. E prima, non lontano da lì, Roberta Vanin, 43 anni, anche lei accoltellata da un fidanzato che non si rassegnava alla fine della loro sto­ria e che poi ha cercato di uccidersi. E poi, ancora, in questa estate roven­te, Maria Montanaro e Sonia Balconi: non si conoscevano, abitavano a de­cine di chilometri di distanza, ma a­vevano avuto entrambe una relazio­ne con l’uomo che le ha raggiunte, l’u­na a Chieri, l’altra a Rivolta d’Adda e le ha massacrate prima di togliersi la vita.

Cosa sta accadendo al rapporto tra uomo e donna? Come trovare una ra­gione agli atti disumani di uomini che non accettano un «basta, è finita», che non vogliono rinunciare a una don­na vissuta come preda, oggetto, pos­sesso? «C’è una fragilità psicologica delle fasce giovanili che la società non riesce a contenere», azzarda il procu­ratore di Venezia che indaga sull’o­micidio- suicidio di Asseggiano, Car­lo Mastelloni. «Una fragilità che pre­suppone uno stato fortemente ne­vrotico, che può dare spazio a raptus di violenza estrema nei casi di accesi confronti interpersonali», continua il magistrato. Il «mi lasci, ti sparo» può nascere da un raptus, ma a volte in­vece è frutto di un’ossessione. Come nel caso di Clara Esposito, la colf 42en­ne ridotta in fin di vita dal marito Gio­vanni Esposito ieri a Napoli. Lei era tornata a vivere con i suoi genitori perché esasperata dalle continue mi­nacce del compagno, che già qualche giorno fa aveva cercato di strangolar­la. Orrore su orrore. E forse anche il pericolo dell’emulazione: lo ha evo­cato ieri il parroco di Spinea ( Venezia), davanti alla bara bianca di Roberta Vanin, uccisa il 6 luglio. Commosso, don Antonio Genovese, ha parlato del perdono offerto dai genitori all’omi­cida della figlia, Andrea Donaglio, o­ra piantonato nell’ospedale di Mira­no: «C’è una recrudescenza di fatti co­me quelli accaduti qualche giorno fa a Spinea e poi sabato fuori Mestre. Undici donne in poche settimane. Penso che chi è fragile perda il senso della vita e offra spazio all’emulazio­ne ». Un altro funerale, ieri, a Oleggio (Novara): quello di Simona Mel­chionda, 25 anni, uccisa dal suo ex, il carabiniere Luca Sainaghi il 6 giugno e ritrovata solo il 3 luglio. Un funera­le disperato, tragico. Sotto accusa ci sono soprattutto loro, gli uomini. «Sempre più uomini av­vertono l’enorme divario tra sé stessi e la capacità di gestire il rapporto con una donna che sfugge alla propria ca­pacità di conquista», spiega Vincen­zo Mastronardi, esperto di Psicopa­tologia forense e docente alla Sa­pienza di Roma. Come correre ai ri­pari, come impedire altri lutti, altra disperazione? C’è la legge sullo stalking da far rispettare – e proprio ie­ri un rodigino di 39 anni è stato arre­stato perché continuava a minaccia­re la sua ex. C’è la prevenzione. Una proposta concreta viene dalla Pro­vincia di Torino, che ieri ha annun­ciato un ampliamento dei servizi del­lo Sportello telefonico per l’ascolto del disagio maschile, attivo dal 2009. Chi si rivolge allo Sportello potrà ri­cevere ascolto e sostegno e parteci­pare a gruppi di condivisione con l’o­biettivo di prevenire la violenza. Una goccia nel mare. Ma forse, una vitti­ma in meno.


Sabato la tragedia di Eleonora, 16 anni. Il suo ex le ha sparato e poi si è ammazzato



 




La pistola utilizzata dal killer di Eleonara Noventa, la studentessa di 16 anni uccisa domenica a Mestre (Ansa)

 

 

l’analisi/1

Paola Bassani


«Uomini troppo immaturi E la frustrazione fa il resto»



U
n ma­schile molto fragile, che ha perso la capa­cità di contenere la sua aggressività; è severa la diagnosi della milanese Paola Bassani, psicologa e psicoterapeuta, grande esperta di relazioni di coppia.

Dottoressa Bassani, in che senso l’uo­mo
oggi è 'fragile'?


Nel senso che è preso dalle voglie, dagli istinti, come se non riuscisse mai a crescere. Lo vediamo nei rapporti di coppia, come nei casi di que­sti giorni, in cui la fragilità e­splode in episodi drammati­ci di totale mancato conteni­mento delle pulsioni aggres­sive.


Un maschio che non accetta il no...


È così. È come se la cosa più importante, oggi, fosse il ri­spondere
alle proprie esigenze egocen­triche. Anche l’altro deve conformarsi a questa esigenza; non c’è più la relazio­ne come cosa buona in sé, ma come buona in quanto fa stare bene me. E so­lo me.


Ma perché ci sono così tanti uomini che vivono in questa eterna adolescenza?


Perché la società li ha fatti spostare sul­l’avere le cose, sul diventare qualcosa (e non sé stessi), sul mettere in mostra la propria capacità piuttosto che il proprio essere.


Insomma, essere lasciati da una donna


diventa uno smacco sociale?


Sì, è una grande frustrazione, una ferita alla propria virilità. È come se il bambi­no piccolo si sentisse abbandonato dal­la madre. Questi uomini assassini sono rimasti bambini, hanno una sorta di at­taccamento anomalo, patologico, con la donna-oggetto. L’adulto, infatti, è in gra­do di gestire un no e di elaborarlo, può attraversare la frustrazione senza sen­tirsene ucciso, annientato.


Chi o cosa può insegnare a una persona ad attraversare la frustrazione di un 'no', un abbandono, senza sentirse­ne
distrutta?


Questo a che vedere con il modo in cui veniamo allena­ti, fin dall’infanzia, ad affron­tare i no, a partire da quelli necessari, pronunciati da ge­nitori sereni, che non si fan­no ricattare dai capricci dei figli bambini. È come se noi adulti mettessimo dentro ai nostri figli abbastanza stima di sé per af­frontare i no che inevitabilmente arri­veranno, senza che se ne sentano rasi al suolo. E poi c’è un altro problema...

Oggi la donna è spesso mercificata, ri­dotta a cosa. Un corpo-oggetto da esi­bire come conquista e 'preda'. Dal mo­mento in cui la donna diventa persona e si sottrae, è come se l’oggetto si ani­masse e dovesse essere nuovamente ri­dotto al silenzio, annullato, per rispon­dere ancora ai propri impulsi.


Antonella Mariani


l’analisi/2

Beppe Silvelli
«All’origine di tutto la violenza di una società che non educa»



O
mia o di nessuno. Questo suggeriscono alcuni dei comportamenti omicida di questi giorni.

Ma che razza di amore è?


No, non si può parlare di amore – nega con forza Beppe Sivelli, psicologo e pricoterapeuta, presidente della rete di consultori familiari di ispirazione cristiana Ucipem –. Quando un uomo pensa di poter ottenere la fedeltà di una donna con la forza e con la violenza, denota una mancanza totale di rispetto nei suoi confronti. Il rispetto è vivere l’altro, come una persona diversa da sé, con i suoi pensieri e le sue idee e il suo modo di amare. In letteratura troviamo molte storie di amore e morte: Giulietta e Romeo, Tristano e Isotta, Orfeo ed Euridice.

Soprattutto in quest’ultima vicenda c’è l’uomo che non sopporta l’assenza dell’altra e che lei viva una vita autonoma. Quando la vede sfuggire, quando capisce che non esercita più il suo potere su di lei, la uccide involontariamente. La uccide perché la considera una sua proprietà, un oggetto, una sua appendice, non ne sopporta la mancanza.


Come possono esserci nella nostra so­cietà tanti uomini con questo senso del possesso così malato?


Parliamo di tanti Narcisi che non soppor­tano
la ferita dell’abbandono, vivono il diniego d’amore come un oltraggio profondo, come se fossero stati privati di un proprio diritto. E l’orgoglio maschile li porta a uccidere il loro oggetto d’amore, inseguendo la propria immagine di onni­potenza. Quando una persona reagisce con queste modalità distruttive nei con­fronti dell’altro, parliamo ovviamente di situazioni patologiche, di aspetti psicopa­tici, perché l’amore è vita e questo invece è morte. L’amore crea, questo distrugge. L’amore è libertà, vuole il bene dell’altro, non cer­to la sua morte.

Diceva che sono situazioni pa­tologiche. E da dove nascono?


Be’, la nostra è una società in cui sembra che ognuno possa fare tutto ciò che vuole. Una so­cietà in cui non c’è più rispetto dell’altro e con la forza e il po­tere si pensa di poter ottenere ciò che si desidera. Una società in cui l’altro è vissuto spesso come una appendice di un altro, un pos­sesso, uno schiavo. Per imparare a sop­portare gli insuccessi, le delusioni, i falli­menti, ci vuole una personalità adulta e


Viviamo in una società violenta, dunque, che non educa a gestire gli insuccessi?


Il proliferare di queste esplosioni folli di aggressività lo prova. Ma la violenza è dentro ciascuno di noi. Dobbiamo riusci­re a ricreare una società un po’ più mite, meno basata su quella logica perversa che è 'mors tua, vita mea'.


(A.Ma.)









 





 
 
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  • : IL PUNZECCHIATORE
  • : ....oggi come oggi si tende a non esprimere pubblicamente le proprie idee per non urtare la sensibilità dell'altro,questo alla lunga può far perdere la propria identità ad un intera generazione. A.O
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