REGGIO EMILIA (21 febbraio 2013) - La crisiI prima, la recessione poi hanno determinato la focalizzazione dell’attenzione sui problemi dell’economia e della finanza, facendo troppo spesso perderne di vista le ricadute sociali mentre il dibattito sulle politiche welfare veniva relegato alla mera accademia. Il Terzo Settore non ci sta: al suo interno ha aperto una feconda discussione sull’innovazione in relazione ai nuovi bisogni e alla necessità di ridisegnare lo Stato Sociale. In questo contesto, c’è chi ha deciso di occuparsi degli ultimi tra gli ultimi, dei soggetti più deboli e soli che rischiano oggi più che mai di precipitare in un abisso di emarginazione senza ritorno: la rete di cooperative sociali ed associazioni di volontariato sorta attorno al “Movimento per la vita” e alla coop Madre Teresa, che proprio in questo periodo ha deciso di rilanciare la sua scommessa, strutturandosi meglio come gruppo sotto la sigla di “InVita” e presentando ai reggiani un programma triennale di sviluppo. Al centro resta il sostegno alle donne che vivono in situazioni di grave disagio, la tutela della maternità (e della gravidanza), la difesa dell’infanzia. Il tutto sostenuto da una forte spinta etica verso l’accoglienza e il servizio al prossimo, che nasce dalla iniziale ispirazione cristiana delle persone che hanno dato vita al gruppo.
InVita oggi propone ai singoli e alle imprese una sfida davvero controcorrente: scommettere sul futuro e sostenere 5 progetti di sostegno a madri e bambini. Perché dalla crisi economica non si esce lasciando indietro i più fragili ma, piuttosto, stabilendo un nuovo ordine di priorità.
L’ORIGINE
Il tutto ha avuto origine dal Cav (Centro aiuto alla Vita), nato a Reggio nel 1993 per dare un aiuto psicologico, relazionale e materiale alle donne incinte che intendono portare a termine la gravidanza. Ascolto e accoglienza tanto più importanti quando il soggetto che chiede aiuto è una donna sola in difficoltà, che proviene da un contesto degradato e che magari non ha nemmeno un reddito o un luogo sicuro dove dimorare.
Spiega Lino Orlandini, presidente di Madre Teresa: «Inizialmente facemmo uno studio che ci fece capire che esisteva un grave problema relativo alle famiglie monogenitoriali: alcune di queste erano in situazioni di particolare disagio perché composte da mamme sole, spesso straniere più a rischio povertà di altre. Il 60% degli aborti in Emilia-Romagna è legato a difficili condizioni economiche. Senza rete familiare attorno, con difficoltà economiche e con una base valoriale labile, queste madri hanno difficoltà ad avere un approccio sano alla realtà: non riescono a rispettare gli impegni, non capiscono cosa devono dare al proprio figlio. Iniziammo così un percorso che istruisse queste persone alla genitorialità. I valori-cadine su cui si basa allora il nostro gruppo di coop sono proprio la famiglia e l’amore per la Vita: vita non solo in sé, quando si rifiuta l’aborto come soluzione, ma anche come percorso di crescita ed inserimento sociale sano. Il focus è la maternità».
L’idea del Cav è molto lontana dall’assistenzialismo, anche se può dare supporto materiale ed economico: «Se ci si presenta alla nostra porta, significa che si pensa che l’aborto non è l’unica via. Così nei colloqui si spiega anche l’importanza e la gioia essere mamma. Prima il Centro era gestito esclusivamente con volontari, oggi abbiamo una struttura importante con un’educatrice formata e istruita ad hoc che offre supporto diretto e al personale».
IL SECONDO STEP
Dalle riflessioni sorte nel Cav, è stato fatto un secondo step con la nascita della coop “Madre Teresa” «laddove il gruppo madre-bambino, la donna sono in una situazione critica e - su segnalazione della Caritas o degli assistenti sociali – viene fatta richiesta di accoglienza in una struttura protetta». Era il 2001: oggi Madre Teresa – anche grazie al lavoro di operatori professionali - gestisce quattro case accoglienza (a Cogruzzo, Sesso, Rivalta e Roncina), che nel tempo hanno ospitato oltre 380 bimbi e 330 mamme, 45 solo nel 2010. Una struttura accoglie prevalentemente gestanti, in modo tale «da favorire una vicinanza psicologica “anti-solitudine” tra le stesse e attuare un momento relazionale importante», anche grazie alla presenza di uno o più educatori e volontari. E’ Elisa a gestire le richieste e l’abbinamento dei casi: a Rivalta e Cogruzzo, ad esempio, possono trovare accoglienza 9 nuclei famigliari con bambini. Il progetto è di educazione alla convivenza, alla genitorialità, a farsi responsabili delle proprie azioni.
«Dalla prima accoglienza, la fase più problematica anche sul piano psicologico, si passa ad una progressiva emancipazione che deve essere trampolino dell’inserimento sociale», sottolinea il Orlandini, che poi aggiunge: «Come favorire l’inserimento di queste mamme? Il lavoro è la strada, così nel 2010 nasce la coop “La Perla” che insegna la lavorazione della pasta fresca e si occupa di commercializzazione dei prodotti gastronomici. Perché cappelletti e tortelli? Quando lavori sui prodotti alimentari, devi essere puntuale, affidabile, rispettare precise procedure e norme igienico-sanitarie. Insomma aiuta a mettere in campo in meglio di sé, è un percorso forte, funzionale poi all’inserimento: molte ragazze sono poi diventate cameriere o aiuto-cuoche. Il progetto è stato reso possibile grazie ad alcune signore reggiane che sanno cucinare molto bene: oggi i nostri prodotti sono molto apprezzati, li compra anche il Gas, e ci occupiamo di catering importanti».
Gli utili vengono reinvestiti: «Non volevamo fare il passo più lungo della gamba, l’idea è di procedere per gradi anche perché il processo produttivo non è industriale. Ora però vorremmo allargarci, distribuendo i prodotti anche ai ristoranti, e per questo proponiamo ai reggiani un progetto di allargamento del laboratorio».
TAGESMUTTER
Ultima nata del gruppo è la coop “Piccoli Mondi”: «Se le madri lavorano, i bambini dove stanno? Se vengono iscritti per tempo al nido, non c’è problema, ma se il bimbo nasce o arriva da noi quando le iscrizioni sono già chiuse? Abbiamo allora strutturato un gruppo di “tagesmutter”, un servizio più simile alla babysitter che all’asilo», ci spiega Daniela Melli, tra i dirigenti dei Gruppo e tagesmutter a sua volta. «Il progetto ha finalità di cura ed accoglienza, scopi sociali e non educativi, di conciliazione dei tempi famiglia-lavoro nei casi in cui, ad esempio, è necessario un supplemento di flessibilità di orari perché la mamma fa dei turni anomali (infermiere, commesse, operaie turniste, ecc) ) e non sa a chi lasciare il figlio». Già nel primo anno di vita, Piccoli Mondi ha seguito – in un’ottica di sussidiarietà con le scuole dell’infanzia e i nidi reggiani - 60 famiglie con operatori formati e preparati, spesso volontari del Cav o della Madre Teresa.
IL GRUPPO
Inevitabile, per ottimizzare le sinergie, la nascita di un gruppo strutturato - “InVita” – che con la supervisione di Unioncoop coordina le altre attività e oggi cerca di sensibilizzare il territorio. «Il sostegno pubblico è in calo, e noi senza amici facciamo fatica ad andare avanti». Per questo si è deciso di creare un “Fondo di Dotazione” per «mantenere l’efficienza e la qualità degli interventi; si tratta di un fondo le cui finalità si identificano con quelle della rete, che lo utilizza per perseguire precise finalità». Inoltre vi è la necessità di «sostenere alcuni progetti innovativi che possano continuare l’opera di inclusione sociale. Si tratta di risorse le cui disponibilità vengono utilizzate solo per sostenere i progetti che rientrano nei settori stabiliti». Spiegano gli operatori: «Abbiamo bisogno di sostegno, non solo in termini economici: si pensi solo cosa comporta mantenere in efficienza le case, oppure donare pannolini e latte artificiale tramite il Cav, ma anche creare progetti innovativi. La Caritas e i servizi sociali ci segnalano sempre più casi, e noi vorremmo dunque potenziare e ampliare i nostre attività». Per andare avanti «abbiamo bisogno di 250mila euro, ma sino ad ora ne abbiamo raccolti solo la metà. Così vogliamo coinvolgere la gente e gli imprenditori in questa scommessa per migliorare la società»